I narcos mi vogliono morto

  • 13 maggio 2017
  • 11:30
  • Casa Cavazzini

INCONTRO

in collaborazione con Festival dei Diritti Umani

Un milione di dollari è la taglia che i narcotrafficanti hanno messo sulla testa di Alejandro Solalinde, prete di frontiera messicano che dal 2011 vive sotto scorta. Ha fondato a Ixtepec, nel sud del paese, un centro di accoglienza che offre riparo temporaneo a migliaia di migranti. Mezzo milione sono gli “indocumentados” che ogni anno tentano di raggiungere gli Stati Uniti a bordo della “Bestia”, il famigerato treno merci che attraversa il paese: è la versione messicana dei “barconi della morte” del nostro Mediterraneo. Due facce della stessa rivoluzione. Nel loro pericoloso viaggio verso la frontiera Usa – che la politica di Trump vuole rendere ermetica – i migranti sono vittime di rapimenti, violenze, torture, schiavismo a scopo sessuale. Per i narcos è un commercio che vale 50 milioni di dollari l’anno. Padre Solalinde da anni sfida i cartelli della droga e la polizia corrotta, denunciando ai mass media internazionali le violenze subite anche dalla popolazione locale, come nel caso dei 43 studenti scomparsi nel 2014 a Iguala per mano della polizia municipale, con il tacito consenso delle milizie federali. Dal 2012 Amnesty International ha lanciato una campagna in suo sostegno e l’Accademia di Oslo ha appena accettato la sua candidatura al Premio Nobel per la pace 2017.