La vincitrice: Sally Hayden

Giornalista e fotografa pluripremiata. Si occupa di migrazioni, conflitti e crisi umanitarie. Attualmente è corrispondente dall’Africa per l’Irish Times. Ha scritto anche per Financial TimesTimeWashington PostGuardianNew York Times. Collabora con VICE News, CNN International, BBC, Channel 4 News, Foreign Policy, Al Jazeera e Newsweek. Laureata in giurisprudenza con un master in politica internazionale, ha fatto parte della commissione del premio anticorruzione di Transparency International. Nel 2019 è stata inserita nella lista Forbes Under 30 dei media in Europa. E la quarta volta siamo annegati è il suo primo libro. È stato tradotto in molte lingue. In italiano è pubblicato da Bollati Boringhieri con l’ottima traduzione di Bianca Bertola (2023). Vince il Premio Terzani 2024.

Foto di Rachel Meagher

Menzione d'onore: Ai Weiwei

È uno dei più importanti e poliedrici artisti viventi. Insieme al padre, il celebre poeta cinese Ai Qing, ha conosciuto durante l’infanzia il confino nella Cina della Rivoluzione Culturale. Dopo un periodo di formazione negli Stati Uniti, dove ha incrociato Allen Ginsberg e scoperto le opere di Andy Warhol e Marcel Duchamp, nel 2011, all’apice del successo artistico, è stato incarcerato senza processo nel suo Paese e sottoposto per 81 giorni a una serie di interrogatori assurdi. Rilasciato, anche grazie alla mobilitazione internazionale via Internet, solo nel 2015 ha riottenuto il passaporto. Oggi vive tra Regno Unito e Portogallo. Con il suo ultimo progetto artistico, “Ai vs AI”, per 81 giorni di seguito ha posto altrettante domande all’intelligenza artificiale dagli schermi pubblici di grandi città. Nel memoir Mille anni di gioie e dolori, pubblicato in Italia da Feltrinelli nella traduzione dall’inglese di Katia Bagnoli, racconta la sua storia e il processo ideativo delle sue sorprendenti installazioni.

Premio Terzani – Edizione 2024

LA MOTIVAZIONE DELLA GIURIA

E la quarta volta siamo annegati, Bollati Boringhieri 2023. Traduzione di Bianca Bertola 

Uomini, adolescenti, donne incinte, bambini: corpi sorvegliati, torturati, ricattati; stipati in magazzini fino a 3000 alla volta come merce da vendere al mercato dei trafficanti. Vite dimenticate. 

Sally Hayden restituisce dignità e valore a quei corpi: le loro parole clandestine arrivano fino a noi in brevi frammenti che spalancano abissi di indicibile sopraffazione e ci mettono di fronte al fallimento dell’umanità. Ai confini d’Europa. 

È una reporter coraggiosa, rigorosa, onesta: verifica scrupolosamente le fonti, studia i contesti, analizza le singole situazioni di abuso e violazione dei diritti umani. Il suo reportage è esente da stereotipi ideologici, fedele ai fatti: un documento di pura testimonianza e di potentissima verità umana, che ci presenta il quadro dettagliato di ciò che accade nei lager del Terzo Millennio. 

Questo rigore senza cedimenti le dà il diritto di puntare il dito sulle ipocrisie degli organismi internazionali che l’Unione Europea si è data, ufficialmente per tutelare le vittime, di fatto per affiancare – grazie a funzionari superpagati, a volte corrotti e complici dei trafficanti – le strategie anti-immigratorie dei governi, in modo che tutti noi, nati per puro caso nel mondo delle libertà, possiamo voltarci dall’altra parte. Hayden toglie la maschera alle menzogne, all’inganno, al tradimento di un intero “sistema” di copertura e corruzione, che intercetta e lucra, anche politicamente, sul fenomeno migratorio, mentre ostacola i soccorsi delle Ong.

Per averci obbligato a interrogarci su uno scandalo umanitario che ci vede responsabili come cittadini europei e come italiani – e che d’ora in poi nessuno di noi potrà più fingere di ignorare senza sentirsi “colpevole di indifferenza” – la giuria conferisce il Premio Letterario Internazionale Tiziano Terzani 2024 a Sally Hayden per E la quarta volta siamo annegati


LA MOTIVAZIONE DELLA GIURIA

Mille anni di Gioie e dolori, Feltrinelli 2023. Traduzione dall’inglese di Katia Bagnoli

Con questo racconto in forma di memoir, Ai Weiwei vuole far conoscere al figlio – e a tutti noi – le vicende che lo hanno visto a lungo vittima di una persecuzione oscurantista in Cina. Vuole soprattutto testimoniare il suo impegno come attivista per i diritti umani, portato avanti instancabilmente, nonostante il suo lavoro di artista militante sia stato costantemente “sorvegliato” da un regime totalitario pavido e ottuso. Mille anni di gioie e dolori è un manifesto di arte e di vita, dove l’arte funge da antidoto alla paura e il coraggio si fa sentimento etico ed estetico: provocazione incessante contro il Potere. È un accorato, programmatico e ostinato appello a proteggere a ogni costo – anche nell’Occidente “democratico”, dove cominciano a manifestarsi preoccupanti segnali di censura nei confronti del libero pensiero – il diritto alla libertà dell’espressione artistica e di ogni altro tipo di espressione.

Per questa resistenza tenace, per questa assunzione di responsabilità nel suo ruolo di artista e intellettuale militante, per questo allarme che vogliamo, e dobbiamo, ascoltare con attenzione e rispetto, la giuria del Premio letterario internazionale Tiziano Terzani, nella sua 20esima edizione, ha deciso di attribuire una Menzione Speciale ad Ai Weiwei, per Mille anni di gioie e dolori e per la sua carriera di artista impegnato nella difesa dei diritti. 


Ai Weiwei per Mille anni di gioie e dolori (Feltrinelli), Sally Hayden per E la quarta volta siamo annegati (Bollati Boringhieri), Benjamín Labatut per Maniac (Adelphi), Leila Mottley per Passeggiare la notte (Bollati Boringhieri) e Damir Ovčina  per Preghiera nell’assedio (Keller) sono i cinque finalisti della ventesima edizione del Premio letterario internazionale Tiziano Terzani, riconoscimento istituito e promosso dall’associazione culturale vicino/lontano di Udine insieme alla famiglia Terzani, nel segno del giornalista e scrittore fiorentino. Lo ha annunciato la Giuria, riunitasi a Firenze. «Se non insistiamo nel pretendere il diritto di tutti all’informazione e alla libera espressione del pensiero, rischiamo di perderlo ed è così che la democrazia scompare. Ancora una volta, dopo vent’anni – afferma Angela Terzani -,  la giuria ha voluto onorare questo messaggio di Tiziano, indicando cinque volumi finalisti che ci aiutano a meglio comprendere le tragedie collettive del nostro tempo, che inquietano i nostri pensieri e turbano la nostra visione del futuro: la guerra di nuovo così vicina e spaventosa, la catastrofe umanitaria dei migranti nell’indifferenza del mondo e di chi ha già tutto e forse troppo, il consolidarsi di regimi oppressivi che negano libertà e diritti elementari, la marginalità estrema delle persone più fragili e indifese, e poi le promesse ma anche le incognite dell’intelligenza artificiale».   I giurati Enza Campino, Toni Capuozzo, Marco Del Corona, Andrea Filippi, Milena Gabanelli, Nicola Gasbarro, Carla Nicolini, Marco Pacini, Paolo Pecile, Remo Politeo, Marino Sinibaldi, Mario Soldaini – si sono ora riservati un supplemento di riflessione prima di passare alla votazione finale. Il vincitore, o la vincitrice, sarà annunciato, o annunciata, a metà aprile e sabato 11 maggio (ore 21, Teatro Nuovo Giovanni da Udine) sarà l’atteso/a protagonista – a vent’anni dalla scomparsa di Tiziano Terzani e dall’istituzione del Premio – della serata-evento per la consegna del riconoscimento, appuntamento centrale della 20esima edizione del Festival vicino/lontano, in programma a Udine dal 7 al 12 maggio.

Chi sono, visti da vicino, i cinque finalisti? 

Ai Weiwei è uno dei più importanti e poliedrici artisti viventi. Inviso al regime cinese, nel 2011 venne arrestato e detenuto senza processo per 81 giorni. Rilasciato, anche a seguito della mobilitazione internazionale, solo nel 2015 ha riottenuto il passaporto. Oggi vive tra Regno Unito e Portogallo. Mille anni di gioie e dolori, pubblicato in Italia da Feltrinelli nella traduzione dall’inglese di Katia Bagnoli, è un racconto in forma di memoir. Ai Weiwei racconta la sua difficile infanzia in esilio insieme al padre, la successiva sofferta decisione di lasciare la famiglia per studiare arte in America. Racconta il suo ritorno in Cina, il suo percorso di ricerca artistica che lo ha trasformato in una star di successo internazionale e il suo impegno instancabile come attivista per i diritti umani. Mille anni di gioie e dolori è un accorato appello a proteggere, sempre, il diritto alla libertà dell’espressione artistica e di ogni altro tipo di espressione.

Sally Hayden è una giornalista irlandese. Corrispondente dall’Africa per l’Irish Times, nel 2019 è stata inserita nella lista Forbes «Under 30» dei media in Europa. E la quarta volta siamo annegati, pubblicato in Italia da Bollati Boringhieri con la traduzione di Bianca Bertola, è il suo primo libro e ha vinto numerosi premi internazionali. È un’inchiesta cruda e coraggiosa, che nasce nel 2018, quando Sally Hayden iniziò a ricevere via social richieste di aiuto da parte di alcuni migranti detenuti nelle carceri libiche. Decide così di ripercorrere la loro rotta rotta, raccogliendo testimonianze, interpellando vittime, governi, istituzioni. Documenta con rigore la negligenza delle organizzazioni internazionali e l’impotenza delle ONG. Ci mostra come le radici di tanto dolore affondino nelle politiche migratorie dell’Unione Europea. Restituendo voce a chi se l’è vista negare, mette in luce le nostre responsabilità, collettive e individuali.

Benjamín Labatut è uno scrittore cileno. Ha raggiunto la notorietà internazionale con Quando abbiamo smesso di capire il mondo. Maniac, pubblicato in Italia da Adelphi nella traduzione di Norman Gobetti, ci guida in un viaggio straordinario alla scoperta di alcune delle menti più brillanti d’Europa. Quando alla fine della seconda guerra mondiale John von Neumann concepisce il MANIAC – un calcolatore universale –, sono in pochi a rendersi conto che il mondo sta per cambiare per sempre. Perché quel congegno rivoluzionario non solo schiude dinanzi al genere umano le sterminate praterie dell’informatica e dell’intelligenza artificiale, ma lo conduce sull’orlo dell’estinzione, liberando i fantasmi della guerra termonucleare. Labatut si conferma un talentuoso tessitore di storie, capace di trascinare il lettore nei labirinti della scienza moderna, lasciandogli intravedere l’oscurità che la nutre.

Leila Mottley è una poetessa e scrittrice americana. Ha 22 anni e vive in California. Passeggiare la notte, il suo romanzo d’esordio, è stato inserito tra i finalisti del Booker Prize,. Pubblicato in Italia da Bollati Boringhieri nella traduzione di Claudia Durastanti, è una storia di vulnerabilità, che si ispira a un fatto di cronaca realmente accaduto. Con una scrittura che non fa sconti, cruda e poetica al contempo, Leila Mottley racconta come una ragazzina di colore diciassettenne – il padre è morto, la madre è ospite in una comunità protetta – si veda costretta per necessità, a vendere il proprio corpo per pagare l’affitto di casa e prendersi cura del fratello e del bambino di una vicina di casa. Diventa l’intrattenimento abituale di un’intera squadra di poliziotti, in notti di violenza e umiliazioni. Passeggiare la notte è un esordio potente, un atto di accusa verso l’ingiustizia e l’abuso, il razzismo e la misoginia, che segna l’arrivo sulla scena contemporanea di una voce assolutamente unica.

Damir Ovčina è nato nel 1973 a Sarajevo, dove tuttora vive e lavora come scrittore ed editore. Il suo primo romanzo, Preghiera nell’assedio, è stato un grande successo letterario nell’area ex jugoslava e ha già ottenuto importanti riconoscimenti. È stato pubblicato in Italia da Keller, nella traduzione dal bosniaco di Estera Miočić. L’autore, intrappolato per anni a Sarajevo durante la guerra in Bosnia, attingendo a vicende autobiografiche affronta nel romanzo, quasi in presa diretta, gli orrori della guerra, senza però smettere di occuparsi dell’animo umano. Ci riporta a Sarajevo nella primavera del 1992: un ragazzo bosniaco si ritrova nel quartiere sbagliato quando viene occupato dai Serbi. Per due anni è costretto a restarci, assegnato a una squadra di lavoro per seppellire i morti. Preghiera nell’assedio è un’opera prima sorprendente che spiazza il lettore, lo getta nell’assurdità della guerra, nell’inferno sofferto dai civili, ed è capace di trovare la speranza tra le macerie, dove l’arte e l’amore possono sempre fiorire.

Tiziano Terzani

Tiziano Terzani nasce a Firenze nel 1938. Compiuti gli studi a Pisa, mette piede per la prima volta in Asia nel 1965, quando viene inviato in Giappone dall’Olivetti per tenere alcuni corsi aziendali. La decisione di esplorare, in tutte le sue dimensioni, il continente asiatico si realizza nel 1971, quando, ormai giornalista, si stabilisce a Singapore con la moglie (la scrittrice tedesca Angela Staude) e i due figli piccoli e comincia a collaborare con il prestigioso settimanale tedesco Der Spiegel come corrispondente dall’Asia (una collaborazione trentennale, durante la quale Terzani scriverà  anche per la Repubblica, prima, e per il Corriere della Sera, poi).

Nel 1973 pubblica il suo primo volume: Pelle di leopardo, dedicato alla guerra in Vietnam. Nel 1975, rimasto a Saigon insieme a pochi altri giornalisti, assiste alla presa del potere da parte dei comunisti, e questa esperienza straordinaria ispira Giai Phong! La liberazione di Saigon, che viene tradotto in varie lingue e selezionato in America come Book of the Month. Nel 1979, dopo quattro anni passati a Hong Kong, si trasferisce, sempre con la famiglia, a Pechino. Nel 1981 pubblica Holocaust in Kambodscha, in cui descrive il viaggio a Phnom Penh compiuto subito dopo l’intervento vietnamita in Cambogia. Il lungo soggiorno in Cina si conclude nel 1984, quando Terzani viene arrestato per attività controrivoluzionaria e successivamente espulso. L’intensa esperienza cinese, e il suo drammatico epilogo, viene raccontato in La porta proibita (1985), pubblicato contemporaneamente in Italia, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.
Le tappe successive del vagabondaggio sono di nuovo Hong Kong, fino al 1985; Tokyo, fino al 1990 e poi Bangkok. Nell’agosto del 1991, mentre si trova in Siberia con una  spedizione sovietico-cinese, apprende la notizia del golpe anti-Gorbaciov e decide di raggiungere Mosca. Il lungo viaggio diventerà  poi Buonanotte, signor Lenin (1992), che rappresenta una fondamentale testimonianza in presa diretta del crollo dell’impero sovietico. Un posto particolare nella sua produzione occupa il libro successivo: Un indovino mi disse, che racconta di un anno (il 1993) vissuto svolgendo la normale attività  di corrispondente dall’Asia senza mai prendere aerei.
Dal 1994 è a Nuova Delhi e nel 1998 pubblica In Asia, un libro a metà  tra reportage e racconto autobiografico, che traccia un vasto profilo degli eventi che hanno segnato la storia asiatica degli ultimi trent’anni. Nel marzo 2002 interviene nel dibattito seguito all’attentato terroristico dell’11 settembre 2001, pubblicando le Lettere contro la guerra, e rientra in Italia per un intenso periodo di incontri, conferenze e dibattiti dedicati alla pace, prima di tornare nella località  ai piedi dell’Himalaya dove da qualche anno passa la maggior parte del suo tempo. Due anni dopo pubblica Un altro giro di giostra, per raccontare il suo ultimo ‘viaggio’: quello attraverso la malattia e il sistema che la circonda.
Muore a Orsigna, piccolo borgo dell’Appennino pistoiese, nel luglio 2004.
Sono usciti postumi nel 2006 La fine è il mio inizio – diventato anche film nel 2010 – Fantasmi (2008) e Un’idea di destino. Diari di una vita straordinaria (2014) e In America. Cronache da un mondo in rivolta (2018).

Alla sua memoria sono dedicati il Premio letterario internazionale dell’associazione vicino/lontano di Udine, la pagina Facebook @TizianoTerzaniOfficial e il sito www.tizianoterzani.com.